L’importanza delle emissioni indirette - scope 3: misurare, fissare obiettivi e rendicontare

25 Ottobre 2024
Circular Economy, Pubblicazioni, tecnologia, Focus On, Applied Research

Per ridurre l’impatto ambientale dei processi aziendali è necessario misurare le emissioni generate lungo tutta la supply chain affrontando le sfide che presentano per coglierne i vantaggi nel percorso verso la decarbonizzazione, come descritto nel nuovo report “Le Emissioni indirette Scope 3 - Misurazione, target setting e rendicontazione” realizzato da Intesa Sanpaolo Innovation Center in collaborazione con il Dipartimento di Scienze Aziendali della Bologna Business School.

Il riscaldamento globale è una delle tematiche più intensamente dibattute degli ultimi decenni, poiché si tratta di un fenomeno che riguarda tutti nella quotidianità le cui conseguenze sono sempre più visibili e tangibili, interessando tutti gli ecosistemi.

Perché è fondamentale ridurre le emissioni indirette delle imprese

Sappiamo che per poter realmente ridurre le emissioni e contrastare il riscaldamento globale contenendo l’aumento della temperatura entro 1,5°C sopra i livelli preindustriali come stabilito con l’Accordo di Parigi nel 2015 evitando così conseguenze esiziali, è necessario un cambiamento che coinvolga tutta la società a livello economico, politico, tecnico e di governance. Cambiamento che deve chiaramente essere radicale per raggiungere un altro ambizioso obiettivo dell’UE, ovvero raggiungere la neutralità climatica (net-zero) entro il 2050 come definito nell’ambito del Green Deal varato dalla Commissione Europea.

Se rispetto alle emissioni di gas climalteranti dirette delle imprese (Scope 1 e 2) c’è ormai maggiore consapevolezza, la misurazione e la rendicontazione delle emissioni di Scope 3 è un tema di crescente importanza per tutte le aziende - incluse le PMI -, in quanto rappresenta un passo cruciale verso una gestione sostenibile e responsabile dell’impatto ambientale dei processi aziendali.

La classificazione delle emissioni Scope 1, Scope 2 e Scope 3: origine, significati e differenze

Questa classificazione delle emissioni in Scope 1, 2 e 3 trova origine dalla Greenhouse Gas Protocol Initiative, ovvero una partnership tra imprese, organizzazioni non governative, governi e altri attori rilevanti, in collaborazione con il World Resource Institute (WRI) e il World Business Council for Sustainable Development (WBCSD), nata nel 1998 e con sede a Ginevra. Il protocollo GHG fornisce gli standard contabili dei gas serra più utilizzati, ed è progettato per aiutare le imprese nella realizzazione di un inventario delle emissioni. La prima classificazione è stata tra emissioni dirette e indirette, in seguito le emissioni sono state categorizzate in Scope 1, Scope 2 e Scope 3.

Dopo aver determinato i propri confini organizzativi, l’azienda deve identificare le emissioni associate alle proprie attività: le emissioni Scope 1 sono quelle prodotte da attività interne dell’azienda e su cui l’azienda ha il controllo come i processi produttivi industriali e la produzione di energia, ma anche le emissioni dei veicoli della flotta; le emissioni Scope 2 comprendono le emissioni indirette di gas a effetto serra derivanti dall'energia acquistata o acquisita, come l'elettricità, il vapore, il calore o il raffreddamento, generati fuori sede e consumati dall'azienda; le emissioni Scope 3, infine, sono il risultato di attività provenienti da beni non posseduti o controllati dall'organizzazione che redige il bilancio, ma che l'organizzazione impatta indirettamente nella sua catena del valore.

Quali sono le emissioni indirette Scope 3, come si generano e perché è difficile misurarle e rendicontarle

Un passaggio che implica inevitabilmente una nuova e più ampia consapevolezza degli impatti negativi generati lungo tutta la supply chain, in quanto le emissioni Scope 3 sono quelle indirette generate lungo tutta la catena di valore e ricomprendono attività come l’acquisto di beni e servizi, i viaggi per le trasferte lavorative, l’utilizzo e la fine del ciclo di vita dei prodotti, nonché i trasporti esterni nella loro totalità.

Le emissioni indirette Scope 3, troppo spesso trascurate, in realtà nella maggior parte dei casi rappresentano la “parte” più consistente dell’impronta di carbonio complessiva delle aziende. Ad esempio, le emissioni Scope 3 rappresentano quasi il 90% di quelle complessive di anidride carbonica per un’impresa manifatturiera.

Tuttavia, nonostante la loro rilevanza e la necessità di ridurle drasticamente in una finestra temporale che si riduce sempre più rapidamente, il processo di misurazione delle emissioni indirette Scope 3 risulta particolarmente difficile e presenta diverse criticità, principalmente per via della complessità e della numerosità delle fonti e delle controparti coinvolte.

Gli obiettivi del Report “Le emissioni indirette Scope 3 - Misurazione, target setting e rendicontazione”

In quest’ottica, il ReportLe emissioni indirette Scope 3 - Misurazione, target setting e rendicontazione” realizzato all’interno di una collaborazione tra Intesa Sanpaolo Innovation Center nell’ambito delle attività legate al Climate Change e alla decarbonizzazione e il Dipartimento di Scienze Aziendali della Bologna Business School - il cui primo risultato è stato il Report “Decarbonizzazione di imprese ed ecosistemi industriali. Stato dell’arte e sviluppi futuri” -, si propone di approfondire alcune di queste sfide e analizza lo stato dell’arte nei processi di misurazione e rendicontazione delle emissioni Scope 3.

 

 

Quali sono le principali sfide che le aziende devono affrontare relativamente alle emissioni Scope 3

Tra le sfide principali che le aziende (specialmente quelle di piccole e medie dimensioni) devono affrontare, il report si focalizza in particolare sulle 5 ritenute prioritarie:

  • La disponibilità e affidabilità dei dati, poiché ottenere dati precisi e completi da numerose fonti lungo tutta la catena di valore è particolarmente difficile. Molte emissioni Scope 3 provengono infatti da fornitori esterni, clienti e persino dall’uso che i consumatori fanno dei prodotti, rendendo evidentemente difficile la raccolta di dati precisi e puntuali.
  • L’ambito di attività dell’impresa, perché determinare quali emissioni includere e dove tracciare i confini di calcolo è una sfida significativa. Infatti, le emissioni Scope 3 coprono un'ampia gamma di attività a monte e a valle, rendendo particolarmente complessa la definizione di un quadro coerente per misurarle.
  • Il coinvolgimento degli stakeholder per raccogliere dati e garantire trasparenza lungo la catena di approvvigionamento richiede sforzi importanti. La cooperazione e la collaborazione tra fornitori, clienti e partner commerciali in quest’ottica sono evidentemente fondamentali, ma di contro non sempre facili da ottenere.
  • La qualità dei dati e la standardizzazione, ovvero due fattori che scontano la variabilità nella qualità dei dati e la mancanza di metodologie standardizzate per il calcolo delle emissioni Scope 3, con il rischio di ostacolare la comparabilità dei risultati.
  • Le limitazioni tecnologiche che possono ostacolare una misurazione accurata. Ad esempio, strumenti o software di raccolta dati potrebbero non riuscire a catturare o ad integrare in modo sufficiente quelli provenienti da fonti diverse.

I vantaggi strategici per le PMI generati dalla misurazione delle emissioni di Scope 3

Tuttavia, al di là delle criticità e delle sfide, per le PMI la misurazione delle emissioni di Scope 3 comporta anche numerosi vantaggi strategici tra cui:

  • Anticipare i futuri obblighi legali riducendo il rischio di sanzioni o problemi di conformità con le richieste di rendicontazione puntuale, richiesti alle aziende da un numero crescente di governi e organismi di regolamentazione.
  • Aumentare reputazione e competitività, dimostrando trasparenza e impegno nella riduzione delle emissioni lungo tutta la catena del valore. I consumatori, i partner commerciali e gli investitori sono sempre più sensibili ai temi ambientali, pertanto scegliere fornitori sostenibili diventa un criterio chiave per molte realtà. Un'accurata rendicontazione delle emissioni può inoltre migliorare l'immagine aziendale e generare nuove opportunità di business.
  • Aumentare l’efficienza e diminuire i costi, in quanto misurare le emissioni di Scope 3 permette alle imprese di identificare inefficienze lungo la loro catena di approvvigionamento o nei processi operativi. Ottimizzare queste aree può portare a riduzioni significative dei costi, sia in termini di consumo di risorse sia di spese energetiche, migliorando così la redditività a lungo termine.
  • Facilitare l’accesso a nuovi mercati, perché molte grandi aziende multinazionali chiedono ai propri fornitori di fornire informazioni sulle loro emissioni - inclusi i dati di Scope 3 -, e le PMI che adottano queste pratiche possono qualificarsi per diventare partner di queste grandi imprese, aprendo la strada a nuove opportunità di mercato.

 

L’importanza delle emissioni Scope 3 per proiettare le imprese verso un percorso condiviso di decarbonizzazione

In un contesto così complesso e sfidante, è fondamentale che le imprese acquisiscano le competenze necessarie per trasformare il proprio business e allinearlo agli obiettivi di decarbonizzazione. Il primo passo per farlo consiste senza ombra di dubbio nel comprendere il proprio impatto in termini di emissioni.

L’analisi e la rendicontazione delle emissioni Scope 3 consentono inoltre di delineare un quadro complessivo della posizione all’interno di un’intera filiera, con ricadute a monte e a valle dell’impresa stessa. Si tratta di una consapevolezza indispensabile per creare un nuovo paradigma di sviluppo che coinvolga tutti gli attori verso un percorso di decarbonizzazione condiviso, centrale inoltre per la competitività dell’Unione Europea come esplicitato nel rapporto intitolato “The future of European competitiveness”, presentato lo scorso 9 settembre alla Commissione Europea dall’ex Presidente della BCE Mario Draghi.