Bioeconomia in Italia: cos'è, esempi, innovazione e agricoltura
La Bioeconomia utilizza tutte le risorse biologiche rinnovabili, scarti inclusi, per produrre beni, servizi ed energia sostenibili. L’Italia con iniziative come l’acceleratore TERRA NEXT ha le potenzialità per diventare leader globale del settore: ecco perché
Un cambio di paradigma che rappresenta la quinta rivoluzione industriale e supera i limiti dell’industria 4.0 relativamente alla produzione, puntando ad integrare le capacità umane nell’ambiente produttivo tecnologico preesistente. Un concetto che non si limita alla collaborazione tra lavoratori e tecnologie innovative, creando invece una sorta di simbiosi che comporta la suddivisione dei compiti da svolgere tra uomo e macchina in modo complementare
Che cos'è la Bioeconomia?
Quando si parla di Bioeconomia si intende far riferimento al sistema socio-economico che comprende e interconnette le attività economiche che utilizzano in modo sostenibile le risorse naturali rinnovabili provenienti da terra e mare - scarti e rifiuti inclusi - per produrre beni, servizi ed energia.
Un comparto strettamente collegato ai territori stante la capacità di creare filiere multidisciplinari integrate nelle aree locali e restituire nutrienti al terreno, facendo della Bioeconomia uno dei pilastri del Green Deal europeo e di numerosi progetti inclusi nel PNRR.
La Bioeconomia, pertanto, comprende trasversalmente tutti i settori industriali ed economici che utilizzano risorse naturali (ad esempio biomasse) come agricoltura, silvicoltura, energia, acquacoltura e pesca, industria chimica e farmaceutica, tessile, cosmetica, carta, food e biotecnologie industriali.


Bioeconomia circolare: il legame tra innovazione e sostenibilità
Mettendo al centro l’utilizzo di risorse biologiche di prima e seconda generazione e la rispettiva trasformazione in beni e servizi intermedi, la Bioeconomia rappresenta un meta settore dall’elevato potenziale innovativo in grado di rispondere a sfide globali contemporanee come il cambiamento climatico, la riduzione di emissioni di CO2 e la rigenerazione della biosfera, tutelando contestualmente ambiente e biodiversità.
In quest’ottica, la Bioeconomia e il paradigma dell’economia circolare si integrano reciprocamente. Infatti, la circular economy si prefigge l’obiettivo di allungare il ciclo di vita dei prodotti con conseguente riduzione nella generazione di rifiuti. Infatti, quando un prodotto non è più in grado di adempiere alle funzioni che ne hanno determinato l’immissione sul mercato, infatti, i materiali che lo compongono vengono introdotti nuovamente nel ciclo economico (in tutte le circostanze in cui è possibile). In questo modo, i predetti materiali possono essere riutilizzati, interamente o parzialmente, per generare nuovo valore nel ciclo produttivo attraverso un sistema di gestione dei rifiuti intesi come materie prime seconde.
La Bioeconomia, comprendendo la produzione sostenibile di risorse biologiche rinnovabili e la relativa trasformazione in prodotti industriali con nuovo valore tra cui alimenti, bioenergia e prodotti bio-based, si integra e si completa a vicenda con l’economia circolare, diventando così bioeconomia circolare.
Questo perché la modalità produttiva propria della Bioeconomia poggia su risorse biologiche rinnovabili in diversi settori per creare processi produttivi rigenerativi e sostenibili, e mette al centro lo sviluppo sostenibile, creando così un modello economico che rispetta l’ambiente, riducendo inoltre la dipendenza da combustibili fossili e risorse non rinnovabili.
Di conseguenza la Bioeconomia rientra a pieno nella circolarità, sebbene rappresenti solo una componente dell’economia circolare che si focalizza sulla massimizzazione di riciclo e riuso delle risorse la cui disponibilità è limitata, promuovendo contestualmente l’innovazione in diversi settori chiave.
Inoltre, la Bioeconomia si alimenta grazie ad ambienti innovativi, poiché la crescita del modello economico è indissolubilmente legata alla costante contaminazione con le nuove tecnologie. In quest’ottica ricerca, sviluppo e innovazione rappresentano le basi su cui poggia la Bioeconomia circolare, rendendo strategica la collaborazione tra diversi attori come imprese, startup innovative, università, centri di ricerca, istituzioni e mondo finanziario per concretizzare la transizione ecologica ed energetica.
Bioeconomia: la definizione di Georgescu Roegen
Sebbene sia sempre più centrale e in crescita, la Bioeconomia non è un concetto “nuovo”. Nicholas Georgescu-Roegen, economista e matematico rumeno, ha infatti teorizzato per primo il modello nel libro The Entropy Law and the Economic Process pubblicato nel 1971.
Per Georgescu-Rogen la Bioeconomia si basa su un assunto tanto semplice quanto incisivo: tutte le attività economiche derivano da risorse biologiche, e ogni aspetto economico è intrinsecamente legato ai cicli naturali in quanto cruciali non solo per mantenere le risorse, ma anche per la produzione energetica e la regolazione dei sistemi ambientali.
Secondo il luminare rumeno, infatti, la crescita economica infinita – perseguita a lungo - non è possibile a causa delle risorse limitate del Pianeta. La Bioeconomia rappresenta quindi una risposta a questa problematica, proponendo un sistema economico che rispetta i limiti ecologici della Terra e introducendo l’idea che l’economia vada interpretata come un sottosistema del sistema ecologico globale, con un’analisi integrata che interconnette questi due aspetti insieme alla dimensione sociale.
Pertanto, nella definizione di Georgescu-Roegen la Bioeconomia è un sistema economico che tiene in considerazione l’esauribilità delle risorse naturali - soprattutto quelle non rinnovabili come, ad esempio, i combustibili fossili e minerali, l’entropia e la sostenibilità, poiché per la sopravvivenza dell’umanità nel lungo periodo l’economia è obbligata a operare rispettando i limiti imposti dai processi ecologici e naturali.
Gli ambiti di applicazione della Bioeconomia
Sono quindi molti i contesti nei quali si applica attualmente la Bioeconomia: dalla transizione energetica - essenziale per raggiungere gli obiettivi di sostenibilità globale - all’economia circolare, passando per l’agricoltura sostenibile e l’innovazione biotech (attraverso tecnologie che grazie a risorse rinnovabili abilitano la produzione sostenibile come con bioplastiche, biocarburanti e biomateriali), fino al cambiamento nei modelli di consumo che devono privilegiare beni e servizi a ridotto impatto ambientale.


Quanto vale la Bioeconomia in Europa e in Italia
L’Italia, come indicato nel 10° Rapporto sulla Bioeconomia in Europa redatto dal Research Department di Intesa Sanpaolo in collaborazione con il Cluster SPRING e Assobiotec – Federchimica e presentato nel giugno 2024, riveste un ruolo di primo piano nell’area UE.
A livello europeo la Bioeconomia - intesa come sistema che sfrutta risorse biologiche come input per la produzione - nel 2023 ha generato un output stimato di circa 1.751 miliardi di euro (in costante crescita rispetto ai 1459 miliardi del 2021 dopo il record registrato nel 2022 a causa del conflitto russo-ucraino e al conseguente forte incremento dei prezzi) tra Germania (542,9 miliardi), Francia (459,1 miliardi), Italia (437,4 miliardi) e Spagna (311,9 miliardi) rappresentando l’8,4% del totale, occupando inoltre più di 7,4 milioni di persone.
Confrontando i livelli dell’output della Bioeconomia nel 2023 rispetto al 2021 si osservano risultati positivi per tutti i Paesi dell’UE, con indicazioni migliori per l’Italia, che ha registrato un incremento del 20,6%: un dato lievemente superiore a quello francese (20,1%), con Spagna (17,4%) e Germania (12,6%) a seguire.
Inoltre, nel nostro Paese l’insieme delle attività collegate alla Bioeconomia ha generato un valore di produzione in crescita, attestandosi a 9,3 miliardi in più rispetto al 2022, dando lavoro a 2 milioni di persone (7,6% del totale). Confermato anche il peso sull’economia italiana della Bioeconomia, pari al 10% dell’output complessivo.
Prendendo a riferimento il 2023, in Italia la filiera agroalimentare vale circa il 63,2% della Bioeconomia con output di oltre 276 miliardi di euro rispetto ai 216 del 2021 (+28%), dei quali 195 sono stati generati dall’industria alimentare, delle bevande e del tabacco e 81,2 dall’agricoltura, seguita dal sistema moda bio-based (produzione pari a 48,2 miliardi) e da legno e mobili.
La carta ha pesato per il 7% dell’output complessivo nel 2023 complice un calo nella produzione (da 34,6 milioni di euro nel 2022 a 30,5 nel 2023), senza tralasciare l’importanza di farmaceutica e chimica bio-based nonché delle bioplastiche, delle bioenergie e dei biomateriali utilizzati, ad esempio, nell’edilizia.
Bioeconomia in Italia: esempi nell'agricoltura
La Bioeconomia ricopre un ruolo fondamentale per l’agricoltura in quanto il settore è particolarmente inquinante, e in Italia non mancano esempi di applicazioni che evidenziano l’evoluzione verso nuovi modelli sostenibili.
Infatti, in primo luogo molte aziende agricole italiane utilizzano letame, sottoprodotti agroalimentari e residui organici per produrre biogas e bioenergia. In Lombardia e in Emilia Romagna, ad esempio, digestori anaerobici trasformano scarti agricoli in energia rinnovabile e in fertilizzanti organici. Inoltre, gli scarti agroalimentari sono sempre più valorizzati come in Campania, dove le bucce di pomodoro vengono utilizzate per l’estrazione di pigmenti naturali e la creazione di bioplastiche.
Un'altra applicazione riguarda le coltivazioni per la produzione di biomateriali, come in Toscana e Piemonte dove la canapa viene coltivata per la produzione di materiali edili ecologici, o in Puglia dove le fibre di lino coltivate sono utilizzate per produrre tessuti sostenibili.
Numerose aziende italiane sviluppano biofertilizzanti basati su alghe o altri microrganismi, migliorando così la salute del suolo. Un altro esempio arriva dal Veneto, dove per ridurre l’utilizzo di prodotti chimici sono impiegati biopesticidi basati su estratti vegetali. Un ulteriore impiego di diversi scarti agricoli consiste nella trasformazione in packaging biodegradabili come accade in Sicilia dove, ad esempio, i residui degli agrumi sono utilizzati per produrre carta e imballaggi sostenibili.


L’importanza dell’innovazione per lo sviluppo della Bioeconomia
La vitalità della Bioeconomia in Italia è testimoniata anche dalle 808 startup innovative censite nel 2023, pari al 6,6% del totale delle imprese iscritte all’apposito Registro. La maggior parte delle startup innovative della Bioeconomia, diffuse lungo tutta la penisola, è concentrata nel settore della R&S (45%), seguita dall’agri-food (25%).
Investimenti in Ricerca e Sviluppo: il gap da colmare tra l’Europa e i principali competitor
Nonostante la vivacità nel nostro Paese, secondo il rapporto "Il futuro della competitività europea", presentato da Mario Draghi e Ursula von der Leyen il 9 settembre 2024 alla Commissione Europea, il divario di innovazione tra l’UE e i principali competitor globali (Stati Uniti e Cina) permane.
Guardando alle attività di Ricerca e Sviluppo, i dati del 2023 palesano questo gap. Infatti, nonostante un investimento complessivo di circa 387 miliardi di euro in R&S, il Vecchio Continente resta ancora indietro rispetto a Stati Uniti (928 miliardi) e Cina (419 miliardi). In particolare, l’Europa accusa un netto svantaggio relativamente agli investimenti di Venture Capital, con la raccolta attestata al 5% dei fondi globali rispetto al 40% della Cina e, soprattutto, al 52% degli States.
Per la Commissione Europea, di conseguenza, il ruolo della Bioeconomia per raggiungere gli obiettivi del Green Deal necessita ulteriori investimenti con ammontare pari a 50 miliardi di euro tra pubblico e privato. Anche perché investire in questo ambito è necessario per sostenere l’innovazione, ridurre la dipendenza da combustibili fossili e trainare così la transizione verso modelli produttivi circolari e resilienti.
Per velocizzare il passaggio a questi modelli, occorre anche intervenire sugli elementi frenanti come la burocrazia per attirare investitori italiani e internazionali e colmare così il divario con Cina e Stati Uniti, facendo dell’Italia un catalizzatore di innovazione e investimenti nei molteplici settori che afferiscono alla Bioeconomia.


Bioeconomia e Open Innovation: il programma di accelerazione TERRA NEXT
È quindi necessario sostenere le realtà innovative e promuovere la cultura dell’Open Innovation. In questo senso, su iniziativa di CDP Venture Capital con Intesa Sanpaolo Innovation Center in qualità di promotore e co-ideatore e il supporto di Cariplo Factory quale gestore operativo, nel 2022 è nato TERRA NEXT: il primo acceleratore di Bioeconomia rivolto a startup e PMI innovative, avente come obiettivo la creazione di interconnessioni con le eccellenze scientifiche del territorio e con aziende leader nel settore.
TERRA NEXT è stato concepito per supportare nell’arco di 3 anni fino a 30 tra startup, scale-up e PMI innovative ad alto potenziale che hanno realizzato soluzioni per la Bioeconomia, focalizzandosi su nutraceutica, circular & bio-materials e agricoltura rigenerativa. In questo senso, il programma di accelerazione è diventato il punto di riferimento per le startup innovative nel settore, ricevendo oltre 450 candidature dall’Italia e dal resto del Vecchio Continente nel suo “primo” triennio.
Nel 2024 7 startup innovative - selezionate dal Selection Board tra le 191 realtà italiane ed europee che si sono candidate - hanno avuto l’opportunità di partecipare alla terza edizione del percorso di accelerazione svoltosi presso il Campus di San Giovanni Teduccio dell’Università Federico II a Napoli.
Il percorso - durato 3 mesi - ha permesso alle startup di crescere grazie a mentorship, formazione, networking e momenti di approfondimento dedicati al consolidamento della value proposition e del business model, alla validazione tecnica e alla prototipazione delle rispettive soluzioni, al supporto al go-to-market e al fundraising, ricevendo un investimento pre-seed complessivo di 750 mila euro.
I risultati del primo triennio di attività di TERRA NEXT
Guardando al primo triennio di attività, TERRA NEXT ha accompagnato e supportato la crescita di 22 startup, che in totale hanno beneficiato di investimenti dal programma pari a 3,5 milioni di euro, raccogliendo inoltre 10,5 milioni tra follow-on e investitori esterni.
A riprova del valore del programma, la terza edizione di TERRA NEXT oltre al patrocinio del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica ha coinvolto i corporate partner Pastificio Garofalo (core partner), Gruppo Getra, Gruppo Nestlé e Novamont - che hanno fornito il loro contributo in termini di know-how, asset e network per lo sviluppo delle startup - e le imprese Aristea, Nolanplastica, Selepack e Tecno, member di TERRA NEXT.
Un altro segnale della costante crescita per il programma di accelerazione che ha portato la startup pisana DND biotech - protagonista della prima edizione e attiva nella realizzazione di robot per il biorisanamento - a partecipare come sub-contractor nel grande progetto di bonifica di 250 ettari di terreno in Kuwait. Una testimonianza concreta del valore e dell’unicità che contraddistinguono TERRA NEXT, nonché delle opportunità che offre alle realtà innovative attive nei settori principali della Bioeconomia.