Industria 5.0: cos’è, requisiti, incentivi e benefici per le aziende
Integrare creatività, competenze artigianali e pensiero strategico proprio degli esseri umani con le molteplici opportunità offerte dall’affermarsi delle nuove tecnologie: in estrema sintesi è questo l’obiettivo dell’Industria 5.0. Ovvero una Collaborative Industry che - rispetto all’Industria 4.0 focalizzata su digitalizzazione e automazione dei processi industriali - porta le imprese a coniugare resilienza, sostenibilità ambientale e sociale, dando particolare rilievo al benessere dei lavoratori.
Un cambio di paradigma che rappresenta la quinta rivoluzione industriale e supera i limiti dell’industria 4.0 relativamente alla produzione, puntando ad integrare le capacità umane nell’ambiente produttivo tecnologico preesistente. Un concetto che non si limita alla collaborazione tra lavoratori e tecnologie innovative, creando invece una sorta di simbiosi che comporta la suddivisione dei compiti da svolgere tra uomo e macchina in modo complementare
Cos’è l’Industria 5.0
L’Industria 5.0 si concentra pertanto sull’integrazione delle capacità umane all’interno di ambienti produttivi tecnologici e sulla sostenibilità, con la sinergia tra automazione e collaborazione uomo-macchina cruciale al pari del miglioramento delle condizioni lavorative e alla responsabilità sociale.
Un paradigma che ha portato la Commissione Europea a tracciarne le linee guida nel documento “Industry 5.0 – Towards a sustainable, human-centric and resilient European industry” pubblicato nel 2021, introducendo così la quinta rivoluzione industriale.
In apertura, il report sottolinea come l’Industria 5.0 completi il paradigma dell’Industria 4.0, mettendo in primo piano la ricerca e l’innovazione come motori per una transizione verso un’industria europea sostenibile, incentrata sull’uomo e resiliente.
Differenza tra industria 4.0 e industria 5.0
A differenza dell’Industria 4.0, focalizzata sull’ottimizzazione dei processi produttivi grazie a tecnologie come Intelligenza Artificiale e IoT, il paradigma dell’Industria 5.0 pone l’accento sulla collaborazione uomo-macchina, senza tralasciare l’importanza della sostenibilità e della personalizzazione.
Il tratto comune è rappresentato dalla ricerca e dal contributo dell’innovazione tecnologica, ma se nell’Industria 4.0 il focus consiste nell’ottimizzare la produzione principalmente grazie a sistemi cyber-fisici, IoT e IA, l’Industria 5.0 si concentra sull’individuo e sul suo rapporto con la tecnologia.
I tre requisiti dell’Industria 5.0
Secondo il rapporto, infatti, l’Industria 5.0 poggia su tre pilastri imprescindibili:
· Human Centricity, ossia l’utilizzo della tecnologia quale strumento per adattare i processi di produzione di beni e servizi alle esigenze umane, contrariamente all’Industria 4.0 nella quale è il lavoratore ad adattarsi alle nuove tecnologie.
· Sostenibilità ambientale mediante l’adozione di processi tipici dell’economia circolare che ottimizzano l’impiego delle materie prime e il rispettivo riutilizzo, diminuendo di conseguenza scarti, emissioni inquinanti e impatto ambientale delle singole aziende grazie al riuso e al riciclo.
· Resilienza intesa come una necessità per la produzione industriale che consenta di resistere e superare le crisi economiche contrariamente a quanto accaduto con la pandemia. Da un lato attraverso l’indipendenza nell’approvvigionamento energetico e di materie prime per rispondere rapidamente alle grandi crisi globali, dall’altro mediante la capacità di adattarsi velocemente al mutevole contesto di mercato grazie a processi produttivi caratterizzati dalla flessibilità.
Industria 4.0: i 5+2 requisiti e il confronto con l’industria 5.0
Tornando all’’Industria 4.0, il paradigma della quarta rivoluzione industriale ha trasformato i processi produttivi grazie a digitalizzazione e automazione sulla base di sette principi cardine, ovvero i cosiddetti “5+2 requisiti” che costituiscono i pilastri tecnologici ed organizzativi grazie ai quali è stato possibile ottimizzare i processi produttivi:
1. Interoperabilità: capacità di comunicare e scambiare dati tra le componenti del sistema cyber-fisico aziendale (sia interne che esterne), resa possibile mediante l’utilizzo di tecnologie come l’Internet of Things (IoT).
2. Virtualizzazione: l’impiego dei digital twins (gemelli digitali), in grado di replicare i processi produttivi, analizzarli e testarli in ambienti virtuali, con conseguenti risparmi in termini di costi e risorse.
3. Decentralizzazione: delegare le decisioni ai sistemi cyber-fisici, che decidono autonomamente e in modo flessibile, basandosi sulle condizioni operative e sugli obiettivi prefissati.
4. Capacità di adattamento in tempo reale: raccolta ed elaborazione di dati in real time con l’obiettivo di rispondere ed adattarsi velocemente ai cambiamenti di contesto.
5. Orientamento ai servizi: trasformazione dei prodotti in servizi digitalizzati.
6. Modularità: capacità di adattare e modificare le linee produttive in modo rapido ed economico, mettendo al centro la felssibilità per rispondere alla mutevole domanda del mercato e dei clienti.
7. Sicurezza e protezione dei dati: requisito imprescindibile per proteggere da violazioni e accessi esterni le informazioni contenute nei sistemi aziendali, in una contesto sempre più “connesso” nel quale le minacce informatiche si moltiplicano rapidamente.
Confrontando l’Industria 4.0 con il paradigma dell’Industria 5.0, emerge una transizione verso un modello sostenibile che mette al centro gli esseri umani. Infatti, se l’Industria 4.0 enfatizza efficienza ed automazione, l’Industria 5.0 riprende e amplia questi principi tenendo però conto anche delle implicazioni sociali ed ambientali mettendo al centro la collaborazione tra uomo e macchina, l’adozione di pratiche sostenibili e la resilienza delle aziende come esplicitato dalla Commissione Europea.
Pertanto, l’Industria 5.0 non elimina i requisiti tecnologici dell’Industria 4.0, integrandoli invece in una visione più ampia che presta particolare attenzione al benessere umano e alla salvaguardia del Pianeta.
Quali sono le tecnologie abilitanti per l’Industria 5.0
Nel policy brief della Commissione Europea sono inoltre individuate sei tecnologie abilitanti per l’Industria 5.0:
- Interazione uomo-macchina personalizzata, che prevede la produzione di beni e servizi “su misura” in grado di soddisfare le esigenze specifiche dei clienti
- Tecnologie ispirate alla natura e materiali intelligenti con impatti positivi sulla sostenibilità ambientale.
- Digital twin, ovvero “gemelli digitali” (o meglio, repliche virtuali) di prodotti fisici che restituiscono in real time una fotografia dello stato del prodotti, consentendo di prevederne le prestazioni future e di testare possibili miglioramenti in un ambiente virtuale;
- Tecnologie per la raccolta, l’immagazzinamento, l’analisi e l’elaborazione dei big data.
- Intelligenza Artificiale applicata in vari ambiti.
- Innovazioni per l’efficienza energetica, le energie rinnovabili, lo stoccaggio dell’energia e l’autonomia.
L’importanza della cybersecurity nell’Industria 5.0
A queste sei tecnologie si aggiungono quelle per la cybersecurity, che in un mondo “connesso” come prevede il paradigma Industria 5.0 devono garantire la sicurezza delle informazioni più rilevanti per il business. Diventa quindi imprescindibile proteggere i sistemi industriali dalle molteplici minacce informatiche e dalle violazioni esterne.
Automazione intelligente e processi decisionali autonomi
Un altro aspetto fondamentale dell’Industria 5.0 consiste nell’automazione intelligente, in grado di abilitare macchine e robot a prendere decisioni autonome sulla base di dati elaborati in tempo reale. Grazie all’automazione intelligente, pertanto, le aziende ottimizzano la produzione calibrandola in base all’andamento del mercato di riferimento.
Il ruolo cruciale dell’Intelligenza Artificiale e della robotica
L’automazione intelligente come suggerisce il nome si basa sull’Intelligenza Artificiale, ovvero uno dei temi principali dell’industria 4.0 che ricopre un ruolo cruciale nel futuro dell’Industria 5.0. Questo perché, oltre ad integrare il lavoro umano, l’IA consentirà di migliorare sempre più i processi decisionali delle imprese, ottimizzare i processi produttivi e abilitare strategie di manutenzione predittiva.
Infine, le tecnologie nell’Industria 5.0 supportano e assistono i lavoratori umani automatizzando attività monotone e ripetitive, consentendo ai lavoratori di concentrarsi su quelle ad alto valore aggiunto. Ad esempio, i cobot (robot collaborativi) tra le varie attività svolte potranno espletare quelle particolarmente pericolose per l’incolumità degli individui.
L’importanza della formazione e dei percorsi di reskilling e upskilling nell’Industria 5.0
Un altro aspetto cruciale per l’Industria 5.0 risiede nella formazione. Infatti, il mutare del rapporto uomo-macchina richiede una nuova generazione di lavoratori considerati come investimenti, che abbiano competenze digitali avanzate, una spiccata attitudine al problem solving a cui si aggiungono flessibilità e adattabilità.
In quest’ottica è fondamentale che le aziende predispongano programmi di formazione continua per creare figure professionali in grado di comprendere e utilizzare le nuove tecnologie, ad esempio interfacciandosi al meglio con strumenti digitali come l’IA e con i cobot.
Le aziende sono quindi chiamate ad investire nella formazione continua dei lavoratori anche attraverso la predisposizione di percorsi di reskilling e upskilling personalizzati, oltre a favorire lo sviluppo di competenze trasversali dei dipendenti per cogliere le opportunità offerte dall’Industria 5.0.
I principali benefici per le aziende dell’Industria 5.0
L’Industria 5.0 consente infatti alle aziende di ottenere numerosi vantaggi, a partire dalla capacità di adattarsi repentinamente alle aspettative dei clienti offrendo prodotti e servizi sempre più personalizzati che ne aumentano la soddisfazione, creando contestualmente nuove opportunità di mercato. Inoltre, grazie al nuovo rapporto uomo-macchina, nell’Industria 5.0 le operazioni sono più efficienti e flessibili, con processi produttivi riadattabili in tempo reale per rispondere all’aumento o alla riduzione della domanda, ottimizzando così l’impiego di risorse.
L’automazione delle attività ripetitive, poi, consente ai lavoratori umani di concentrarsi su aspetti che possono ridurre i costi operativi aumentando contestualmente la produttività, con il maggiore coinvolgimento dei dipendenti che contribuisce anche all’innovazione aziendale.
Avendo tra i principi cardine la sostenibilità, l’Industria 5.0 favorisce l’uso di energie rinnovabili, con le aziende che diventano parte attiva nella transizione ecologica adottando i principi dell’economia circolare, oltre a renderle più attrattive per consumatori sempre più propensi a scegliere prodotti sostenibili.
Le sfide per le aziende nella transizione verso l’Industria 5.0
L’adozione di un approccio umano-centrico votato alla sostenibilità, tuttavia, non è sufficiente per ottimizzare la produttività senza sfruttare innovazioni e approcci affermatisi con Industria 4.0. In quest’ottica, per prepararsi alla transizione verso l’Industria 5.0 è necessario predisporre un percorso coerente che includa le tecnologie abilitanti del modello precedente.
Implementare pratiche produttive che riducano drasticamente l’impatto ambientale promuovendo al contempo la circolarità richiede necessariamente un forte contributo tecnologico, con richiamo al paradigma 4.0 quale “base” per perseguire e raggiungere la sostenibilità di una singola azienda o di un’intera filiera.
Economia circolare e innovazione tecnologica nell’Industria 5.0
Infine, IoT, Intelligenza Artificiale e approccio data-driven sono sì tipici dell’Industria 4.0, ma anche imprescindibili per diversi aspetti dell’economia circolare (ad esempio riduzione degli sprechi, riciclo e progettazione eco-compatibile) che fa parte del paradigma di Industria 5.0.
L’innovazione, pertanto, è cruciale per la transizione verso il nuovo modello industriale, e il fatto che molte realtà italiane (soprattutto le PMI) non abbiano risorse per farla rappresenta una sfida da superare. Come? Sfruttando i vari incentivi - statali e comunitari -, e attraverso l’Open Innovation che consente di integrare nei vari processi nuove tecnologie a costi “contenuti”.
Transizione 5.0: cos'è, cosa prevede il piano PNRR e gli incentivi per l'Industria 5.0
Per quanto riguarda l’Italia, il Governo nel 2024 ha approvato e reso operativo uno strumento volto a incentivare ulteriormente la transizione digitale e la sostenibilità delle imprese italiane: il Piano Transizione 5.0.
Il Piano Transizione 5.0 rientra negli investimenti previsti dalla Missione 7 “RePower EU” nell’ambito del decreto PNRR approvato lo scorso 16 febbraio, ha una dotazione finanziaria complessiva pari a 6,3 miliardi di euro equamente suddivisi tra il 2024 e il 2025, e si prefigge l’obiettivo di sostenere la transizione dei processi di produzione verso un modello produttivo sostenibile ed efficiente sotto il profilo energetico poiché basato principalmente sull’impiego di energie rinnovabili.
La misura prevede un’agevolazione sotto forma di credito d’imposta proporzionale alla spesa sostenuta per nuovi investimenti in strutture produttive ubicate in Italia effettuati nel biennio 2024-2025. Il credito è riconosciuto a condizione che si realizzi una riduzione dei consumi energetici di almeno il 3% per la struttura produttiva o, in alternativa, di almeno il 5% del processo interessato dall’investimento, come chiarito dal MIMIT con la pubblicazione sul sito ufficiale del Ministero delle Imprese e del Made in Italy dei requisiti e dei dettagli per accedere agli incentivi di Transizione 5.0.
Come Intesa Sanpaolo sostiene la transizione energetica e digitale con il programma “Il tuo futuro è la nostra Impresa”
Incentivi statali a cui si aggiungono 120 miliardi di euro messi a disposizione delle imprese italiane da parte di Intesa Sanpaolo attraverso il programma “Il tuo futuro è la nostra impresa”, volto ad accompagnarle nei processi di trasformazione e rinnovamento legati alla transizione energetica e digitale, facilitando anche l’accesso alle nuove misure del PNRR.
Gli interventi previsti, che hanno l’obiettivo di accelerare la ripresa e il ritorno agli investimenti del tessuto economico-industriale del Paese, si inseriscono tra le azioni del Gruppo a sostegno degli obiettivi del PNRR per i quali Intesa Sanpaolo ha stanziato complessivamente oltre 400 miliardi di euro.
Il ruolo di Intesa Sanpaolo Innovation Center nella duplice transizione ecologica e digitale
Inoltre, come chiarito dal Responsabile Innovation Business Development di Intesa Sanpaolo Innovation Center Alessandro Balboni nel suo intervento all’Open Innovation Summit - organizzato dal Sole 24 Ore in collaborazione con Zest lo scorso ottobre -, il Gruppo ritiene che gli investimenti in ambito CleanTech e ClimaTech siano economicamente vantaggiosi per le imprese.
Il costante aumento degli investimenti di Venture Capital nell’eurozona in tecnologie CleanTech, tipicamente più B2B che B2C, evidenzia infatti come gli investitori intravedano un futuro commerciale e di mercato per queste tecnologie, che in Europa poggiano su basi solide in quanto il Vecchio Continente è ancora leader nelle competenze inerenti il “mondo dei materiali” e il settore manifatturiero.
Inoltre, a differenza di altre tecnologie, la consapevolezza rispetto al cambiamento climatico ha generato una domanda “dal basso”, ovvero da parte dei consumatori finali che prediligono prodotti sostenibili con impatti ambientali ridotti. A questo si aggiungono fenomeni endogeni ed esogeni del mercato che inducono le aziende – soprattutto quelle trasformative – a ridefinire i modelli produttivi, e le nuove normative che obbligano l’intera catena di valore ad essere più trasparente e più attenta alla sostenibilità dei processi produttivi, determinando così un futuro economicamente vantaggioso per le tecnologie CleanTech e ClimaTech.
La centralità dell’Open Innovation per favorire la resilienza delle aziende italiane
“L’obiettivo del Gruppo e di Intesa Sanpaolo Innovation Center è aiutare lo sviluppo di queste tecnologie nel tessuto imprenditoriale. Da un lato supportando lo sviluppo di innovazioni nel mondo delle startup innovative e nei trasferimenti tecnologici; dall’altro aiutare le aziende ad adottare le predette tecnologie poiché crediamo che siano alla base della resilienza del loro modello economico”, ha sottolineato Balboni. In quest’ottica, promuovere l’Open Innovation (OI) è un tema centrale, in quanto CleanTech e ClimaTech in diversi settori non rappresentano investimenti core. L’OI in questa prospettiva rappresenta uno degli strumenti con maggiore appeal.
Concetti in parte ribaditi durante l’undicesima edizione di InnovAzioni - Festival Nazionale dell'Innovazione promosso da Confindustria Abruzzo Medio Adriatico e supportato da Intesa Sanpaolo - che si è svolto a Pescara il 15 e il 16 novembre 2024.
L’importanza delle startup per la transizione ecologica e digitale delle imprese
Partecipando alla Tavola Rotonda dal titolo “Digitalizzazione, Sostenibilità e Resilienza”, infatti, Balboni ha evidenziato come le startup innovative siano rappresentate da persone con competenze significative e voglia di emergere, proponendosi pertanto come partner flessibili con cui le aziende possono misurarsi, “soprattutto per le imprese che per questioni dimensionali o di organizzazione non hanno avuto la possibilità di investire significativamente nei vari aspetti dell’Industria 5.0, e di conseguenza hanno bisogno di un partner per avviare un percorso che permetta di recuperare velocemente il terreno perso”.
La mission di Intesa Sanpaolo Innovation Center
Supporto alle startup, ampliamento dell’offerta di innovazione e facilitazione dell’incontro tra domanda e offerta grazie all’Open Innovation
In questo senso, per Innovation Center e per il Gruppo Intesa Sanpaolo le startup fanno parte degli attori che possono favorire la doppia transizione, ecologica e digitale, ma sono contraddistinte dalla necessità di crescere velocemente e superare diverse sfide.
Per farlo le realtà imprenditoriali innovative hanno bisogno di tre fattori basilari: capitale umano e competenze, capitale finanziario e un mercato nel quale inserirsi. Sotto questo profilo “Innovation Center cerca di aiutare il mondo delle startup e delle PMI innovative seguendo la mission affidata dalla Capogruppo, ovvero promuovere, supportare, sviluppare l’offerta di innovazione verso i clienti del Gruppo”, ha chiarito Balboni.
Evidenziando poi come Intesa Sanpaolo Innovation Center cerchi di aiutare queste realtà “a sviluppare competenze tipiche di un'azienda di successo nel settore del digitale attraverso numerose iniziative, come le collaborazioni con le università e i centri di trasferimento tecnologico, con il mondo dell'incubazione e dell'accelerazione, oltre al supporto finanziario per le startup più meritevoli che possono avere successo sul mercato” e che beneficiano di iniziative di business development, eventi di divulgazione dell’innovazione, iniziative di match making, e venture clienting verso medio/grandi aziende in ottica Open Innovation.
Tornando alla transizione verso Industria 5.0, le aree più promettenti per l’innovazione in Italia riguardano principalmente il settore manifatturiero in quanto – escludendo il turismo - rappresenta il settore trainante della nostra economia. “La digitalizzazione dei processi, il ClimaTech e il CleanTech, oltre ad alcune nicchie sui nuovi materiali rappresentano le aree più promettenti dove le competenze specialistiche, anche della ricerca di base, sono storicamente un eccellenza del nostro Paese” ha chiarito infatti Balboni.
Intelligenza Artificiale: la “supremazia” degli USA e le opportunità per Italia ed Europa
Evidenziando inoltre come l’Intelligenza Artificiale e l’utilizzo evoluto dei dati vedano non solo l’Italia ma l’intera Europa indietro rispetto agli USA negli stack tecnologici di base, sebbene vi sia la possibilità di fare ancora la differenza nei cosiddetti use case dell’IA, nei quali il Vecchio Continente parte con meno svantaggi rispetto alla “supremazia” degli Stati Uniti dove l’Artificial Intelligence è utilizzata dalle aziende per incrementare i ricavi.
“In Intesa Sanpaolo crediamo in questa opportunità così tanto da aver costruito ormai più di 4 anni fa un Laboratorio (l’AI Lab, ndr) che mira a creare nuovo know-how e nuovi use case su questa tecnologia, e lo abbiamo affiancato ad un laboratorio che ha gli stessi obiettivi ma sulle neuroscienze, perché queste tecnologie si devono sviluppare tenendo conto della centralità dell’uomo. Con le neuroscienze studiamo come sia possibile potenziare le capacità dell’uomo nell’era dell’Intelligenza Artificiale”, ha concluso Balboni.